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Lavoro

Obiettivi SMART: cosa sono e come definirli.

Obiettivi SMARTCome definire obiettivi SMART

Conosci il Metodo SMART? Si tratta di uno degli strumenti chiave della crescita tanto professionale come personale di un individuo.  Definire obiettivi SMART ti aiuterà a essere maggiormente produttivo e ottenere buoni risultati. La chiave sta in come li approcciamo. 

Tanto a livello professionale come personale, prendiamo costantemente decisioni di diversa natura. Spesso, gli obiettivi che ci fissiamo sono troppo generici ed è proprio su questo punto che  vogliamo soffermarci. La regola SMART è utilissima nel momento in cui abbiamo bisogno di definire che tipo di obiettivi vogliamo raggiungere e che caratteristiche devono possedere

Cosa sono gli obiettivi SMART?

SMART si compone di cinque aggettivi che rappresentano gli obiettivi che ti pianifichi di raggiungere:

  • Specifico (specific).
  • Misurabile (measurable).
  • Raggiungibile (achievable).
  • Realistico (realistic).
  • Limitato nel tempo (time-bound).

Questi sono gli aggettivi che definiranno i tuoi obiettivi e cambieranno il tuo modo di vederli e assumerli.

Questo approccio è particolarmente utile per la creazione di programmi e strategie di comunicazione, marketing e finanziarie. Tuttavia, è possibile applicarlo a molti più ambiti, di fatto a tutti quei progetti che abbiano un fine o delle mete prestabilite

In ambito professionale, gli obiettivi SMART aiutano a definire mete intelligenti, dal momento che un particolare tipo di business non è in grado di prosperare se tutti coloro che ne sono coinvolti non comprendono appieno la meta che si desidera raggiungere.

Nelle prossime righe, spiegheremo uno per uno i concetti sopra menzionati e la maniera attraverso cui danno forma ai nostri obiettivi. 

Specifici

Definire un obiettivo “specifico” può sembrare semplice a prima vista, ma è di particolare importanza concentrare la propria attenzione in cosa si vuole ottenere. Un obiettivo non dovrebbe essere troppo generico, come ad esempio che “l’azienda abbia una buona immagine di marca”. I nostri obiettivi devono essere concreti, cercando di sostituire “quello che vuoi che succeda” con “come ottenerlo”. Un buon esempio di obiettivo specifico è il seguente: “Voglio incrementare la percentuale di vendita di un 20% nei prossimi sei mesi, facendo perno sul team commerciale perché ottenga un maggior numero di clienti”. Perché costituisce un buon esempio? In tale obiettivo, si indica ciò che si desidera raggiungere, in che margine di tempo lo si vuole ottenere, e come ti proponi di farlo. 

Misurabili

Devi essere in grado di tenere traccia dei tuoi obiettivi per sapere se il progresso che stai seguendo è positivo o negativo. Per tale motivo, devi stabilire obiettivi dei quali tu possa avere una prova tangibile di successo. Ciò significa che dovrai misurare l’avanzamento in un contesto temporale. 

Come si misura? A seconda dei tuoi obiettivi, avrai bisogno di strumenti che ti consentano di tenerne traccia, quali questionari di soddisfazione, calcolo dei benefici e delle vendite, feedback, presenza sul mercato, ecc. 

Un esempio? Sei interessato ad aumentare di un 40% le vendite del tuo locale nella fascia pomeridiana dalle ore 14 alle ore 17, tramite una campagna pubblicitaria sui social in un termine massimo di 2 mesi. In tal caso, dovrai tenere traccia del volume delle vendite che si produrranno in tale frangia oraria a cadenza settimanale o giornaliera. Nel caso in cui le vendite siano aumentate solo di un 10% nel giro di un mese, dovrai rivalutare la tua campagna e ridefinire i tuoi obiettivi. 

Raggiungibili 

Per poter definire degli obiettivi intelligenti, è necessario fare autocritica ed essere coscienti delle risorse di cui disponiamo. Ciò significa analizzare le skill che ci caratterizzano, le risorse economiche che abbiamo, le capacità dei nostri lavoratori, se disponiamo dei programmi necessari, ecc. 

Tale analisi ci consentirà di comprendere se possiamo raggiungere quanto ci siamo prefissati o se prima dovremo apportare delle modifiche interne. 

Se ti prefiggi un obiettivo ma non sai come poterlo conseguire, sarà necessario compiere una ri-valutazione. Per esempio, se vuoi aumentare il traffico della tua pagina web ma non disponi di esperti nella creazione di contenuti, prima di tutto dovrai fissarti come obiettivo l’assunzione di esperti o la formazione dei lavoratori di cui già disponi. 

Realisti

Considera l’importanza dei risultati che ricerchi. I tuoi obiettivi avranno un risvolto positivo su tutta la realtà aziendale? Sono fedeli ai valori del progetto? Tale punto è fondamentale perché invita a riflettere sulla direzione che prenderai nel tuo progetto.  

Per esempio, non puoi fissare come obiettivo che la tua marca diventi tendenza tra il pubblico adolescente se non apporta nessun beneficio sostanziale o si allontana dalla filosofia aziendale. 

Per poter conseguire degli obiettivi realisti, dovremo separare le nostre opinioni personali, desideri o ambizioni personali e pianificare una direzione obiettiva

Limitati nel tempo

Dovrai stabilire una deadline per la tua strategia. Tutte le azioni destinate al raggiungimento di un  obiettivo devono essere situate in un tempo determinato. Tutti gli obiettivi devono avere un’indicazione temporale. Ad esempio, “conseguire 2.000 nuovi clienti nella fascia d’età compresa tra i 20 e i 25 anni in 4 mesi” o “aumentare le vendite di un 10% in due mesi”.   

Ciò ti consente di creare una motivazione positiva per continuare a migliorare, dal momento che potrai osservare il tuo avanzamento. 

Evita il più possibile di stabilire date di consegna aperte, dato che tutto l’obiettivo perderà l’impressione di urgenza e importanza che lo caratterizza. Pertanto, c’è il rischio di non raggiungerlo o di non metterci tutto lo sforzo necessario. 

Come puoi vedere, la metodologia SMART consente di prendere decisioni in maniera molto più efficiente, avere una prospettiva chiara su cosa desideriamo ottenere e la definizione intelligente dei nostri obiettivi

Questi obiettivi dovranno essere definiti in un massimo di due righe e rispondendo alle domande di “cosa”, “chi”, “come” e “quando” (talvolta, è necessario esprimere anche il “perché”). 

Una volta che sappiamo come definirli, dobbiamo tenere in conto i due tipi di obiettivi che possiamo proporre

Tipi di obiettivi: qualitativo  e quantitativo 

  • Obiettivi qualitativi: si centrano sull’immagine, la percezione della qualità del tuo progetto o azienda.  In diverse occasioni, si destinaranno risorse a un beneficio maggiormente soggettivo, però ugualmente misurabile. Per esempio, tramite il posizionamento di marca sul mercato, investendo nelle previsioni fatte ai propri clienti. 
  • Obiettivi quantitativi: molto più facili da calcolare, si centrano normalmente nell’aumentare il numero di utenti, clienti o profitti sulle vendite. 

Le strategie e gli obiettivi si ridefiniscono costantemente. Talvolta, l’implementazione di una strategia ti porterà a rivalutare gli obiettivi. Per esempio, se un annuncio in una piattaforma che non avevi sfruttato sino a quel momento ottiene improvvisamente buoni risultati, dovrai modificare alcuni obiettivi. E viceversa: un obiettivo ti consentirà di proporre differenti strategie, soprattutto quando tali strategie non ti consentono di ottenere i risultati attesi. 

Tomografia computerizzata: cosa c’è da sapere

tomografia computerizzataTomografia computerizzata

La TC, altrimenti detta Tomografia Computerizzata, è una tecnica di diagnostica che sfrutta le radiazioni ionizzanti (raggi x) con il fine di esaminare ogni parte del corpo per la diagnosi e lo studio dei tumori e di numerose altre patologie

Se siete curiosi di ricevere maggiori informazioni riguardo la procedura di esecuzione della TAC così come i suoi vantaggi ed eventuali controindicazioni, leggete le seguenti righe. 

tomografia computerizzata

Cos’è la Tomografia Computerizzata?

La TAC (come veniva denominata anteriormente) è un esame radiologico, in cui i dati raccolti dal passaggio di vari fasci di raggi X nell’area interessata sono rielaborati da un computer, in modo da ricostruire un’immagine tridimensionale dei diversi tipi di tessuto

Un tempo, la TC veniva definita TAC, ovvero Tomografia Assiale Computerizzata, in quanto veniva eseguita lungo un asse con sezioni perpendicolari alla lunghezza del corpo. Oggi esistono macchinari multistrato più moderni e la tomografia computerizzata non è più solo assiale, ma le immagini sono acquisite con una tecnica spirale che permette di ottenere immagini tridimensionali. 

Procedura d’esecuzione della TC

Quando il paziente arriva in sala TC, viene fatto sdraiare in posizione supina sull’apposito lettino, che passa attraverso un’apertura circolare di uno spessore pari almeno a 50 cm.  Nel corso dell’esame, il tubo radiogeno, che emette i raggi X, ruota attorno al paziente

Per ottenere migliori immagini della vascolarizzazione di organi e tessuti, viene utilizzato un mezzo di contrasto a base di iodio, che viene comunemente iniettato per via endovenosa. 

In caso di TC addominale sono utilizzati anche altri tipo di contrasto, che sono somministrati per via orale, mentre in casi di  TC articolare vengono introdotti nel retto o in un’articolazione. 

Qualora il paziente dovesse risultare allergico al mezzo di contrasto utilizzato nella TAC, gli verranno fatti assumere, a circa 12 ore dalla procedura, appositi farmaci steroidei, con effetto antiallergico. La ritardata assunzione di tali farmaci sarà motivo di rinvio dell’esame diagnostico ad altra data.

Al termine dell’esecuzione della TC (con o senza MDC), non vi sono limitazioni di alcun tipo e al paziente verrà concesso di riprendere la sua vita normale. Se è stato utilizzato un  mezzo di contrasto, si raccomanda di bere abbondante acqua nel corso della giornata, al fine di favorirne la sua rapida eliminazione.

Durata della TAC

Se si considera soltanto la parte di esame dedicata all’acquisizione delle immagini del corpo, una TAC dura 5-10 minuti; se però si valuta l’intera procedura (preparativi, posizionamento del paziente ecc.), dura circa 20 minuti, nella variante senza mezzo di contrasto, e circa 30 minuti, nel caso in cui si facesse uso del mezzo di contrasto.

Inoltre, in alcuni casi è necessario ripetere più volte lo stesso esame, con il fine di analizzare un organo durante le sue varie fasi di vascolarizzazione.

Controindicazioni della Tomografia Computerizzata 

Un esame di tomografia computerizzata può comportare le seguenti controindicazioni

  1. controindicazioni lievi: nausea, vomito, prurito.
  2. controindicazioni moderate: vomito profuso, orticaria diffusa, edema facciale, broncospasmo.
  3. reazioni severe (estremamente rare): shock severo, edema polmonare, arresto cardio-respiratorio, fino al decesso in casi eccezionali.

Nello specifico, secondo quanto indicato da My Personal Trainer, possono generare controindicazioni alla TAC senza mezzo di contrasto:

  • Lo stato di gravidanza (ovviamente per le donne) 
  • L’obesità severa (le apparecchiature per la TAC riescono a sostenere persone di peso non superiore ai 150 chilogrammi);

Nel caso in cui sia previsto l’impiego del mezzo di contrasto, alle precedenti controindicazioni si sommano:

  • Il diabete mellito.
  • Una storia di grave reazione allergica a un mezzo di contrasto iodato 
  • L’insufficienza renale (questa condizione impedisce la corretta eliminazione del mezzo di contrasto).

È da segnalare che, nelle sue forme più gravi, anche la claustrofobia potrebbe divenire una controindicazione alla TAC.

Vantaggi della TC

Per quanto concerne i vantaggi, segnaliamo: 

  • Definizione di diagnosi molto precise grazie all’ottenimento di immagini ricche di dettagli e di ottima qualità (specie nella variante con mezzo di contrasto).
  • Dolore minimo e minima invasività.
  • Grazie alla sua grande capacità di rilevazione, in alcuni casi potrebbe rendere superfluo il ricorso alla chirurgia esplorativa o alla biopsia.
  • Le immagini altamente dettagliate sono di enorme aiuto in occasione di eventuali interventi chirurgici successivi.
  • Fornisce immagini in tempo reale, che possono essere sfruttate dai chirurghi poco prima di un intervento d’emergenza.

Siete curiosi di approfondire il mondo relativo alla Tomografia Computerizzata? Allora date un’occhiata al piano carriera del nostro Corso di tecniche di radiologia medica

Radiologia Medica: cosa devi sapere su questa branca della medicina

radiologia-medicaRadiologia medica: cosa devi sapere

Vi siete mai chiesti a cosa si riferisca il termine radiologia medica?

La radiologia è una branca della medicina che aiuta a diagnosticare e trattare le condizioni mediche di alcuni organi o distretti anatomici

Nello specifico, per radiologia si intende l’utilizzo di radiazioni elettromagnetiche, in particolare raggi X e raggi γ, nonché le radiazioni corpuscolari che si generano a partire da disintegrazioni radioattive. Lo scopo dell’utilizzo di queste radiazioni è principalmente diagnostico, ma può essere anche di natura terapeutica come nel caso della radioterapia.

radiologia medica

Radiologia digitale

I raggi X costituiscono la forma più antica di imaging medicale che nel corso degli anni si è evoluta da tecnica di tipo analogico a tecnica digitale.

Con il termine Radiologia digitale si intende la modalità di acquisizione digitale dell’immagine Rx che mediante hardware e software dedicati consente l’elaborazione dei dati in formato numerico, la modifica post-acquisizione e l’archiviazione su supporto magnetico. Qualora dovessimo fare un confronto con la radiografia analogica, la tecnica digitale migliora di gran lunga la qualità delle immagini, in quanto fa uso di algoritmi di elaborazione che esaltano i particolari di interesse diagnostico. 

La Radiologia digitale diretta (DR) utilizza dei sensori che forniscono in uscita direttamente i dati digitali, senza bisogno di procedimenti intermedi. L’efficienza di un sistema DR è molto elevata e consente di ridurre la dose di raggi X necessaria ad ottenere delle immagini di qualità. 

Radiologia medica: un pò di storia 

La nascita della radiologia medica viene attribuita al fisico tedesco William Conrad Röntgen, che nel 1895 scoprò i cosiddetti raggi X. 

Altre tappe fondamentali da ricordare riguardano la scoperta della radioattività naturale dell’uranio per conto di Antoine Henri Becquerel, e di quella del polonio e del radio dei coniugi Marie e Pierre Curie

Verso la fine del XX secolo vennero invece integrate all’interno del settore nuove tecniche che non necessitano dell’utilizzo di radiazioni e venne utilizzato un termine più generale per indicare la disciplina: diagnostica per immagini.

Le immagini ottenute mediante i processi radiologici possono essere visualizzate direttamente su uno schermo fluorescente tramite la cosiddetta fluoroscopia. Questo è reso possibile da dispositivi che consentono di rinforzare l’immagine ottenuta, chiamati intensificatori di immagine. Le radiografie generate possono essere trasmesse da una telecamera, per monitorare parti del corpo in movimento. In tal modo, si ottiene una schermografia, che permette di analizzare l’immagine statica ottenuta.

Purtroppo, soprattutto agli inizi delle pratiche radiologiche si ignorava l’importante nocività delle radiazioni e durante le fluoroscopie i medici e i pazienti venivano esposti senza la minima precauzione alle radiazioni elettromagnetiche.

Tipi di radiologia medica 

La radiologia medica può essere suddivisa in due aree differenti: 

  1. radiologia diagnostica;
  2. radiologia interventistica.

I medici specializzati in radiologia vengono definiti radiologi

Radiologia diagnostica

La radiologia diagnostica consente di esplorare dall’esterno le strutture corporee attraverso la formazione di immagini. Tramite quest’ultime, i radiologi possono: 

  • individuare le cause di sintomi che presentano;
  • assicurarsi che il corpo sta rispondendo correttamente a una terapia a cui il paziente si sta sottoponendo; 
  • rilevare possibili malattie, quali tumore al seno, al colon o cardiopatia.

Le tipologie più comuni di esami di radiologia sono le seguenti: 

  • Tomografia computerizzata (TC), anche conosciuta come tomografia assiale computerizzata (TAC), che comprende inoltre l’angioTAC. 
  • Scansione per fluoroscopia, che comprende il transito gastrointestinale superiore e  il clisma opaco. 
  • Risonanza magnetica (RM) angiografia a risonanza magnetica (ARM)
  • Mammografia
  • Medicina nucleare, che comprende esami del tipo: scintigrafia ossea, scintigrafia tiroidea e  test da sforzo al tallio. 
  • Radiografie semplici, che comprende la radiografia del torace.
  • Tomografia ad emissione di positroni, anche definita PET (dall’inglese Positron Emission Tomography).
  • Ultrasuoni.

Radiologia interventistica

I radiologi utilizzano immagini quali la tomografia computerizzata, ecografia, risonanza magnetica e fluoroscopia, che risultano loro utili per differenti procedure, quali inserimento di cateteri (sonde), fili e altri strumenti nel corpo dei pazienti. 

I medici utilizzano questa tecnologia per individuare o trattare determinati tipi di patologie, al punto tale che spesso vengono coinvolti nella cura di tumori, occlusione di arterie o vene, fibromi all’utero, mal di schiena, problemi di carattere epatico e renale

Nella maggior parte dei casi, i pazienti non verranno sottoposti a nessun tipo di incisione e non dovranno essere ricoverati in seguito all’intervento. 

Esempi di procedure radiologiche di carattere interventistico sono le sgeuenti: 

  • angiografia o angioplastica e collocazione di stent coronarico  
  • embolizzazione per fermare eventuali emorragie 
  • terapie per la cura dei tumori 
  • ablazione del tumore con radiofrequenza, crioablazione o ablazione a microonde
  • Vertebroplastica e cifoplastica
  • Biopsia mammaria, guidata da tecniche stereotassiche o ecografiche
  • Collocazione di sonde gastriche per alimentazione

ecc.

Percorso di formazione

In questa disciplina, esistono due tipi di professionisti

  • il tecnico sanitario di radiologia medica;
  • medico chirurgo specialista in radiologia.

Per quanto concerne la prima figura, il percorso tradizionale italiano prevede l’ottenimento di una Laurea Triennale in Tecniche di Radiologia Medica. Tuttavia, esiste una valida alternativa a ciò, rappresentata dal Corso di formazione offerto da ILERNA Online Italia. Si tratta di un percorso ad accesso libero che abilita all’esercizio della professione di tecnico in radiologia

Grazie a questo corso di formazione, apprenderai tutte le nozioni necessarie ai fini dell’utilizzo di apparecchiature radiologiche, medicina nucleare e risonanza magnetica, così come a interpretarne correttamente i risultati. 

Per maggiori informazioni a riguardo, vi invitiamo a contattarci al numero di telefono 02 94 75 99 06 o scriverci a info@ilernaonline.it

MAGGIORI INFO SUL CORSO

LE DIFFERENZE TRA L’AMBIENTE ODONTOIATRA SPAGNOLO E ITALIANO SECONDO ISABEL MORAZA MERINO

charla-isabel_IGL'odontoiatria tra Italia e Spagna

Vi siete mai chiesti quali sono le principali differenze tra l’ambiente odontoiatra spagnolo e quello italiano?  Scopriamolo assieme alla Dottoressa Isabel Moraza Merino.

Settimane fa abbiamo avuto l’onore di raccogliere la preziosa testimonianza della Dottoressa Isabel Moraza Merino, da anni attiva sul suolo italiano, riguardo i principali aspetti che differenziano l’ambiente odontoiatra spagnolo da quello italiano. Inoltre, abbiamo discusso delle conseguenze portate dal Covid-19 sul settore sanitario iberico e italico. 

odontoiatra

Isabel Moraza Merino possiede una Laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria, conseguita presso l’università di Siviglia. Dal 2010 esercita da libera professionista  in strutture private a Roma come odontoiatra generica. Inoltre, dal 2015 collabora con l’ospedale odontoiatrico “George Eastman” nel reparto di chirurgia, protesi e parodontologia diretto dal Prof. Luca Cordaro.

La Dott.ssa Merino è membro dell’ITI (International Team for Implantology) e traduttrice di articoli scientifici dall’italiano allo spagnolo, pubblicati nella Revista del Colegio de Higienistas Dentales di Madrid.


 

Qui di seguito vi lasciamo l’intervista che ci ha gentilmente rilasciato:

1. Ci può raccontare in dettaglio il percorso di studi da Lei intrapreso in Spagna?

Dopo aver conseguito il diploma di maturità in Scienze della Salute nella mia città natale, mi sono trasferita nel sud della Spagna dove mi sono laureata in odontoiatria presso l’Università di Siviglia. Ai tempi dell’università, lavorai per una prestigiosa clinica odontoiatrica a Siviglia e ho assistito un professore della mia facoltà nel suo studio. Pertanto, dopo aver conseguito il diploma universitario, possedevo già un certo livello di conoscenza del lavoro e di come gestire una clinica odontoiatrica. Inoltre, mi sono tenuta aggiornata frequentando diversi corsi e convegni.

2. Che differenze nota con il sistema educativo italiano? 

La differenza principale riguarda lo stage: mentre in Spagna lo si fa dal secondo anno di laurea (nel mio caso con tema “introduzione alla clinica odontoiatrica”) ​​e si approfondiscono durante il quarto e il quinto anno (quasi interamente a livello pratico), in Italia gli studenti terminano il percorso senza aver potuto esercitare la professione, il che comporta un ritardo nell’accesso al mercato del lavoro, che si riflette in un maggiore impegno da parte del neolaureato. Tuttavia, ritengo che il grande sforzo a livello teorico richiesto agli studenti italiani sforna professionisti di grande eccellenza, come avviene nell’odontoiatria italiana.

3. Ha dovuto procedere con l’omologazione del suo titolo per poter esercitare in Italia? Se sì, si è trattato di un processo complicato?

Sì, ho iniziato tutto l’iter burocratico mesi prima di trasferirmi in Italia, e devo dire che è stato abbastanza semplice: consisteva principalmente in un documento del Ministero della Salute che riconosceva la possibilità di esercitare in Italia, il cosiddetto “good standing”, un certificato che garantiva la mia buona reputazione come odontoiatra e pertanto la possibilità di svolgere la mia professione nel “Bel Paese”; il mio certificato accademico personale; e infine in un dettato del Collegio dei dentisti di Roma per dimostrare la mia padronanza della lingua italiana.

4. Ritiene giusto quanto dettato dalla Direttiva Europea 2005/36/CE concernente il riconoscimento del titolo di studi esteri? Cosa pensa delle misure compensative imposte dal Ministero della Salute italiano per concedere l’abilitazione professionale a coloro che provengono da un percorso di studi estero?

Ritengo che sia giusto poter esercitare in qualsiasi Paese della CEE purché siano soddisfatti il ​​livello accademico necessario e i vari requisiti. Sinceramente, non so se negli ultimi anni (ho omologato il mio titolo di laurea 10 anni fa) l’iter di omologazione si è fatto più complicato.

5. Cosa l’ha portata a vivere e lavorare in Italia? 

Anche se suona molto romantico, l’ho fatto per la persona che attualmente è mio marito:  ai suoi tempi ho lasciato tutto per amore. In quel momento, lavoravo in una clinica odontoiatrica dove mi trovavo molto a mio agio, ma nonostante ciò, salutai la mia famiglia e gli amici per ricominciare tutto da zero qui in Italia.

6. Ha riscontrato delle difficoltà in ambito lavorativo provenendo da un percorso di studi straniero? (si intende sia a livello professionale che personale)

A livello formativo, mi sono sentita molto amata come spagnola dagli italiani. Tuttavia, senza alcun tipo di contatto, non è assolutamente facile ricevere proposte di lavoro, e nel caso in cui ciò avvenisse, si tratta di posizioni con un livello di responsabilità inferiore. Inoltre, c’è da sottolineare che in Italia finiscono l’università un anno dopo rispetto alla Spagna e senza aver avuto la possibilità di prendere parte a uno stage formativo. Insomma, l’iter per ottenere una posizione di un certo livello è alquanto lungo e faticoso.

7. Che differenze nota tra l’ambiente odontoiatra spagnolo e quello italiano? 

 Il profilo del dentista medio nei due Paesi è alquanto diverso: mentre in Spagna si tratta di una giovane donna (l’anno in cui mi sono laureata io, l’80% di noi erano ragazze), in Italia è quello di un uomo sulla sessantina, soprattutto in ambiti come la chirurgia orale. Ricordo ancora la prima volta che frequentai un corso presso il Collegio dei Dentisti di Roma, questo aspetto attirò molto la mia attenzione.

8. Se dovesse individuare un aspetto dell’ambiente odontoiatra spagnolo che Le piacerebbe portare in Italia, quale sarebbe? E uno italiano che manca in Spagna? 

Credo che l’ambiente odontoiatrico in Spagna sia meno competitivo; tra i professionisti c’è più cameratismo senza necessità di dimostrare che tu sia il migliore. D’altro canto in Italia, mi piace l’atteggiamento del paziente nei confronti del professionista, dal momento che si rivolgono a lui con più rispetto e si affidano alla clinica odontoiatrica tradizionale, tralasciando la fiducia nei numerosi franchising che sono emersi in questi ultimi tempi e che, fortunatamente, stanno perdendo poco a poco posizioni nel mercato del lavoro.

9. E ora passiamo all’argomento che è sulla bocca di tutti: coronavirus ed economia. Ha avuto notizia dai suoi colleghi spagnoli circa l’impatto del coronavirus sul settore dell’odontoiatria?

In Spagna l’impatto sull’economia in generale e sui consumi da parte del paziente è stato notevole. Nel mio caso, invece, in Italia i mesi successivi alla quarantena forzata sono stati positivi, con grande richiesta da parte del paziente di trattamenti odontoiatrici quali il ridimensionamento o il conservatore dentale. Si spera che questa tendenza continui così, e che finalmente il paziente comprenda l’importanza di avere una buona salute orale e del suo impatto a livello generale.

10. Se dovesse descrivere in poche parole il mondo post-covid, come sarebbe? 

Un mondo basato sulla scienza e governato da regole. e valorizzando l’importanza della prevenzione nella salute e nel nostro caso nella salute dentale.

Ringraziamo la Dott.ssa Merino per averci reso note le sue opinioni e aver fornito un quadro piuttosto dettagliato sulle principali differenze che caratterizzano Italia e Spagna in ambito odontoiatrico. 

Il filo rosso che le accomuna? L’importanza della prevenzione sul fronte sanitario

LA RICERCA DEL LAVORO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

jorge_IGLa ricerca del lavoro ai tempi del Coronavirus

Cercare lavoro non è mai stato un compito facile. Sebbene possiamo tenere sotto controllo molti dei fattori che hanno un impatto diretto sulla ricerca del lavoro, quali la nostra formazione o buona predisposizione alla ricerca, vi sono altri di carattere generale (il cosiddetto macroambiente) che non sono facilmente controllabili e che, tuttavia, possono influenzare il nostro successo sul mercato del lavoro. 

Come ben sapete, in questo 2020 la causa principale e una delle maggiori minacce sia per la ricerca che il mantenimento del proprio posto di lavoro sono costituite dal Coronavirus.

Il Coronavirus può influire sulla mia capacità di trovare lavoro? Assolutamente, sì. La preoccupazione per il virus a tutti i livelli, che siano economico, lavorativo, sanitario, ecc. genera una grande quantità di problemi per i datori di lavoro, i lavoratori e le persone che sono in ricerca attiva. Molte aziende hanno dovuto chiudere i battenti o ridurre il numero di lavoratori, pertanto l’assunzione di nuovo personale è stata ritardata o sospesa direttamente nella maggior parte dei settori professionali a causa dei tempi incerti che stiamo vivendo.

Di fronte a questa situazione, è normale avere molti dubbi ed è per questo che il nostro professore Jorge Abadia ha preparato una lista di consigli che speriamo possano esservi utili.

La ricerca del lavoro secondo Jorge

Dal momento che molte aziende hanno chiuso o si sono viste costrette a sospendere in maniera temporanea la loro attività, devo congelare anch’io la mia formazione o la ricerca del lavoro?

La risposta è no, il mercato pullula di offerte di lavoro. Il punto è che le procedure di reclutamento saranno sempre più online piuttosto che faccia a faccia, e tecniche quali il video colloquio diventeranno sempre più importanti. Pertanto, si tratta di un ottimo momento per proseguire con la nostra formazione, soprattutto per quanto concerne le nuove tecnologie.

Devo aggiornare i miei profili professionali?

Ora più che mai la nostra presenza sui mezzi di comunicazione digitali è fondamentale per la ricerca del lavoro. Possiamo approfittare di questo periodo per aggiornare il nostro CV e lettera di presentazione, e renderci pertanto più appettibili per il mercato del lavoro. Cerca di mettere in risalto le tue capacità anche con un pizzico di originalità. Questo è il momento giusto per trasmettere una prima impressione genuina a selezionatori, potenziali collaboratori, clienti e tutti gli altri professionisti che ti troveranno online.

Ma ci sono ancora aziende che assumono?

Nonostante la situazione sia piuttosto particolare e confusa, sembra che i tempi più duri della pandemia ce li siamo ormai lasciati alle spalle. Tuttavia, c’è chi non si è mai fermato nonostante l’emergenza, e continua, ora più che mai, a lavorare e produrre a pieno regime, come ad esempio il personale sanitario o altri settori in evoluzione relazionati specialmente con la tecnologia e la digitalizzazione.

È normale sentirsi bloccati in questa situazione?

In un momento talmente incerto come quello che stiamo vivendo, è più che comprensibile scoraggiarsi. Tuttavia, questa non è la strada da intraprendere, specialmente in momenti come questi, nei quali vi è bisogno di speranza, impegno e tanta determinazione!

Esci dalla tua comfort zone e non avere paura di nuove esperienze. Continua a coltivare la tua autostima, sii realista e lavora duro pensando alle tante opportunità che ti aspettano. Amplia i tuoi orizzonti, continua a studiare e a formarti e vedrai che presto sarai ricompensato!

Ringraziamo il Prof. Jorge per gli utili consigli in materia di ricerca del lavoro e auguriamo a tutti un grosso in bocca al lupo! 

CORONAVIRUS, IL NEMICO INVISIBILE: INTERVISTA ALL’IGIENISTA DENTALE SALVATORE RUSSO

charla-igienista-02Riflessioni di un igienista dentale

Riflessioni e impressioni di un igienista dentale sulle conseguenze della pandemia sul settore sanitario e il mondo post-covid-19.

Salvatore Russo è un’eccellenza italiana in materia di igiene dentale, e noi di ILERNA Online Italia abbiamo avuto l’onore di raccogliere la sua preziosa testimonianza riguardo le conseguenze portate dal nemico invisibile denominato Covid-19 sul settore dell’igiene dentale.

igienista dentale

Il Dott. Russo, contitolare della clinica odontoiatrica Rusaldent a Roma, è laureato magistrale in Scienze della Professioni Sanitarie ed è in possesso di un Master in Tecnologie Avanzate nelle Scienze di Igiene Orale. Inoltre, è stato professore a contratto e tutor clinico di laser terapie al Master presso “La Sapienza” Università di Roma” e al Corso Laurea in Igiene Dentale presso “Tor Vergata” Università di Roma. Per quanto concerne la sua invidiabile carriera professionale, Salvatore Russo è stato consulente presso A.F.O. di ODONTOIATRIA – U.O.S.D. di Diagnosi Igiene e Prevenzione Orale con DH Medico-Chirurgico Generale e Speciale per Soggetti Vulnerabili presso il Policlinico Tor Vergata-Roma; igienista dentale volontario su pazienti diversamente abili presso il Centro Educazione Motoria della Croce Rossa Italiana; consulente presso il Reparto Odontoiatrico dell’Arma dei Carabinieri della Caserma Salvo D’Acquisto-Roma; e per finire Dental laser therapist and educator. Infine, è autore di articoli e pubblicazioni nazionali ed internazionali, nonché relatore in corsi e congressi a livello sia nazionale che internazionale.


 

A seguire, vi lasciamo l’intervista che il Dott. Russo ci ha gentilmente rilasciato i giorni scorsi.

1. Nel mese di maggio, il New York Times ha catalogato i lavori e le professioni più a rischio Covid19: al primo posto ha inserito gli igienisti dentali, dietro di loro, i medici di base, gli internisti e infine, gli assistenti dentali e dentisti. Cosa ne pensa a riguardo?

 Innanzitutto mi permetta un ringraziamento a tutti Voi della redazione per questa intervista a me dedicata.

Sono assolutamente d’accordo con quanto asserito dalla prestigiosa testata da Lei citata poiché il loro articolo conferma quanto mi venne insegnato già nei primi giorni degli inizi del mio percorso di studi nei primi anni ’90 dello scorso millennio (presso l’Ospedale “Fatebenefratelli” dell’Isola Tiberina in Roma e che mi ha portato essere ad oggi un Dottore in Igiene Dentale con Laurea Magistrale), ovvero che le nostre strumentazioni meccaniche generano un aerosol per un diametro di circa un metro e mezzo rilasciando nell’aria molti agenti microbici compresi ovviamente eventuali patogeni (pensiamo ad esempio ai pazienti affetti da HIV o da epatite). Durante i nostri trattamenti, si rende perciò necessario mettere in atto tutti i protocolli utili per proteggere noi ed i nostri pazienti dal pericolo di infezioni trasmesse, considerando pertanto tutti come probabili infetti: molti di loro sanno di essere malati, molti, purtroppo, no poiché la diagnosi di queste infezioni richiede delle analisi specifiche e non routinarie. A tutto questo si aggiunge anche la mia esperienza, quasi decennale, come Igienista Dentale strutturato presso il reparto Odontoiatrico di Patologia Speciale per Pazienti Vulnerabili del Policlinico di Tor Vergata in Roma, in cui quasi quotidianamente operavamo su pazienti infetti e potenzialmente tali. Anche grazie a questa collaborazione, più unica che rara, non ho avuto grandi difficoltà nella gestione del Covid 19 al termine del lockdown obbligato, poiché ho dovuto aggiungere ai già scrupolosissimi protocolli da me adottati in precedenza i DPI specifici per combattere questo tipo di emergenza.

2. Se dovessimo condividere alcune cifre significative che rappresentino l’impatto del coronavirus sul mercato lavorativo italiano, quali sarebbero?

 A questa Sua domanda risponde non il Salvatore Russo clinico ma l’imprenditore odontoiatrico, una delle altre mie attività primarie essendo tra l’altro contitolare da 30 anni di una clinica dentale in Roma, che quindi si interessa anche dell’andamento economico nazionale ed internazionale. Basandomi sia su ciò che quotidianamente apprendo dai media sia e soprattutto da quanto vedo nella realtà oggettiva quotidiana “della strada”, la mia principale caratteristica, l’impatto del Covid sull’economia nazionale dipende dai settori specifici ed anche, all’interno degli stessi, da quali sono state le loro strategie economiche pre-covid ovverosia a quale specifica clientela erano dirette le loro finalità commerciali. Faccio un esempio per spiegare meglio il mio concetto: il ristorante in centro città con un’utenza di soli stranieri è e sarà in crisi fino a che non uscirà un vaccino visto l’altalenante report mondiale giornaliero dei nuovi contagi; il ristorante di periferia con una sua clientela locale e spesso fidelizzata continuerà comunque a lavorare, seppur con delle limitazioni determinate dall’emergenza in atto.

Nello specifico del settore odontoiatrico, sto vedendo che chi da sempre ha seminato bene puntando sul famoso “passaparola” (un tempo di quartiere ma ora, grazie al web ed alle piattaforme sociali, con un raggio di azione mediatico fortemente allargato) non solo ai trattamenti clinici d’eccellenza anche all’igiene orale (decontaminazione della bocca, “non solo tartaro e denti bianchi”. Tutto entra dalla bocca, anche il cibo.., questo Covid l’ha dimostrato al mondo intero), alla scrupolosa disinfezione e sterilizzazione della strumentazione e dei locali dove operiamo, alla fidelizzazione dei pazienti, ecc. a lockdown terminato sta lavorando come e più di prima mentre altri stanno lavorando a regime ridotto ed alcuni addirittura fallendo: la maggior parte di questi sono coloro secondo cui il fatturato veniva prima della salute del paziente. Per mia esperienza diretta, anche nel mio studio era tempo che non lavoravamo con questi ritmi al punto tale che quest’anno e per la prima volta il periodo di chiusura estiva sarà limitato ad una sola settimana e non tre o addirittura quattro come finora era successo per gli anni passati.

3. Per quanto tempo continueremo a fare il triage “obbligatorio”, prima che il paziente acceda presso lo studio odontoiatrico? Dovremo prendere la consuetudine di misurare la temperatura contactless a ogni paziente e l’ossigenazione con il saturimetro? Sarà necessario farlo rientrare di default nel nostro protocollo?

 Penso che “l’obbligo” resterà fino a quando non uscirà un vaccino che sembra e si spera per tutta l’umanità essere ormai prossimo.

A parer mio sarebbe buona norma mantenere il triage per sempre poiché se la struttura è ben organizzata ci vogliono veramente 5/10 minuti in più all’accoglienza del paziente per il completamento dello stesso. Spero e confido che questa pandemia ci abbia ricordato a tutti noi operatori di settore che i nostri studi sono delle “piccole sale operatorie ospedaliere”, per cui come tali vanno gestite non per obblighi legislativi ma bensì per OBBLIGHI MORALI!

4. Alcuni consigli su come organizzare lo studio dentistico durante questo periodo particolare?

 La ringrazio di questa domanda che mi da modo di spiegarLe in poche parole il mio “percorso di gestione Covid 19”. Già dal giorno dopo la chiusura obbligata delle nostre attività a livello nazionale, ossia dal 10 di marzo, invece di mettermi a piangere e deprimermi come hanno fatto tanti colleghi, igienisti o odontoiatri che siano, mi sono subito messo al lavoro sul computer, al telefono, ecc. mettendo in atto tutta la mia esperienza ormai 37ennale nel mondo odontoiatrico in generale, unita a quella sul campo in quel del Policlinico di Tor Vergata, prima enunciata,  oltretutto coinvolgendo le mie amicizie di virologi, internisti, anestesisti, medici di base, ecc., stilando insieme protocolli da mettere in atto il giorno stesso della possibile riapertura avvenuta poi il 4 di maggio. Mi dissi:  “chi è subito pronto sarà il vincente del futuro, visto che la gente è rimasta segregata in casa senza poter fare un controllo dentale, di dover gestire un eventuale ascesso con dell’antibiotico senza poter intervenire sulla causa, oppure un’igiene professionale della propria bocca come da richiamo stabilito”.

Di seguito un veloce riepilogo dei punti base del protocollo redatto da me insieme al mio gruppo di lavoro sopracitato, che serenamente condivido con Voi e i Vostri lettori, come ho già fatto con altri professionisti amici di settore, nazionali ed internazionali, che me lo hanno gentilmente richiesto:

  • utilizzo di mascherine Ffp2/3 meglio monouso senza filtro (ottimo per proteggere in entrata ma non in uscita. Sono indicate per 8 ore di lavoro continuato) durante la fase operativa;
  • per i controlli & co che non prevedono aerosol ok per le classifiche mascherine chirurgiche;
  • visiera in plastica;
  • occhiali (neutri o da vista) oppure ingrandenti con loro schermo protettivo comunque sotto la visiera in plastica;
  • camicie monouso o autoclavabile;
  • copricapo monouso o autoclavabile;
  • copri scarpe monouso;
  • doppio guanto: quello sotto è la nostra seconda pelle, quello sopra cambiarlo tra un paziente e l’altro come da routine;
  • arieggiare molto la stanza;
  • far mantenere la distanza di almeno un metro tra i pazienti, tra paziente ed operatore quando possibile, tra i vari operatori nelle fasi non operative e comunque sempre con la mascherina chirurgica o FFp2/3;
  • per le superfici, strumentario & co utilizzo di disinfettanti a freddo con azione specifica anche sul Covid 19
  • fare il giusto triage ancor prima di dare l’appuntamento e da ripetere prima della seduta. Far firmare al paziente quanto da lui dichiarato;
  • evitare assembramenti in sala d’aspetto;
  • appuntamenti più lunghi che prevedono almeno 15 minuti tra un paziente e l’altro per le giuste manovre di sanificazione sala operatoria e ricambio di aria.

5. Ha un ricordo in particolare relativo a questa pandemia che Le piacerebbe condividere?

Sicuramente la cosa che mi ha più emozionato e che mi resterà nel cuore è la voglia di condivisione globale perché l’umanità intera si è resa conto che al di là delle razze e dei ceti sociali “siamo tutti uniti da un invisibile filo rosso” e che non esistono soldi, potere & co capaci ad evitare le gravi malattie e tanto meno la morte conseguente ad esse: davanti una pandemia del genere siamo veramente tutti uguali!

6. Secondo Lei cosa potrà insegnare questa emergenza al settore dentale?

L’importanza del rispetto e del mantenimento dello stato di salute, non solo orale ma di tutto il corpo visto che tante infezioni, non solo quelle da Covid,  partono dalla bocca, sia per noi operatori sia, anzi, ancor di più di chi ci affida la sua salute e spesso quella dei propri figli.

7. Infine, sarebbe in grado di descrivere in poche parole come sarà per Lei il mondo post-covid19?

Il mio timore è che l’ingordigia e l’egoismo umano caratterizzanti gli anni tremila conseguenti alle assurde leggi non scritte dettate da chi gestisce per un proprio tornaconto il consumismo sfrenato mondiale per un benessere personale di pochi, spesso a danno dei molti meno fortunati del pianeta, a pochi mesi dall’uscita e la distribuzione di un eventuale vaccino che ponesse fine a questo stato di emergenza, prevalga nuovamente facendoci immediatamente dimenticare quanto di buono questa pandemia ha fatto emergere: le vere priorità di vita.

 

Ringraziamo il Dott. Russo per averci reso note le sue opinioni e averci fornito una dettagliata descrizione riguardo le procedure da seguire per svolgere la professione di igienista dentale in tutta sicurezza. Crediamo fermamente che quanto da lui comunicatoci costituisce un’eccellente lezione di vita: mai arrendersi di fronte alle avversità. Come diceva Winston Churchill:

“Il successo non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale; è il coraggio di continuare che conta.”

Come scrivere un CV efficace

cvCome scrivere un CV efficace

Onliners! Quante volte vi siete chiesti come scrivere un CV efficace? Il Curriculum Vitae costituisce il vostro biglietto da visita, il primo passo per rispondere alle offerte di lavoro o per proporvi ad un’azienda: per questo motivo la prima domanda che dovete porvi riguarda come fare un curriculum che possa attirare l’attenzione del recruiter.

Oggi vi mostreremo alcuni semplici trucchetti per redigere un CV con i fiocchi. 

come scrivere un CV efficace

Parola d’ordine: sii efficace

Ricordati che è bene accompagnare il proprio Curriculum Vitae con una lettera di presentazione (nel caso in cui venisse espressamente richiesta), in cui sottolineare sia le proprie hard skills che soft skills e fornire 3-4 esempi di risultati raggiunti nel corso della propria carriera professionale. Un’altro valido consiglio è cercare di personalizzare il CV secondo l’azienda a cui lo stiamo inviando: leggi con attenzione l’offerta di lavoro e cerca di rimarcare quelle caratteristiche considerate fondamentali per quella determinata posizione. 

Cosa scrivere sul Curriculum Vitae

Come sottolinea Kirsty Bonner, Career Advisor e guru di LinkedIn seguita da migliaia di followers alla ricerca dei consigli perfetti in materia di ricerca del lavoro, un Curriculum Vitae dovrebbe rispettare la seguente struttura: 

  • Dati personali 
  • Riepilogo professionale
  • Competenze essenziali e risultati raggiunti 
  • Esperienza professionale 
  • Istruzione
  • Certificati / Abilitazioni 
  • Premi /Volontariato 

 Dati personali 

Le prime informazioni inserite nel Curriculum devono essere quelle personali:

  • nome e cognome
  • data di nascita 
  • indirizzo di residenza
  • contatti (mail, telefono)
  • Contatti social (LinkedIn, Twitter,  nel caso in cui ci di candidi per professioni legate al mondo digitale)
  • Blog o sito personale 

La foto non è obbligatoria (se decidi per esempio di inviare una tua candidatura a un’azienda con sede nel Regno Unito, è preferibile non inserirla e non indicare il proprio genere). 

È importante inoltre che l’indirizzo email sia anch’esso professionale: la scelta più semplice, ma anche più funzionale, è un indirizzo che comprenda il proprio nome e cognome. Disfati dei vecchi indirizzi hotmail che si utilizzavano su messenger: i nickname simpatici è meglio riservarli ad altri ambiti. 

Riepilogo professionale

Il riepilogo professionale è più importante di quanto credi: in quelle poche righe è concentrata la tua possibilità di fare colpo sul recruiter e far sì che prosegua nella lettura del tuo CV. Perfetto, ma cosa inserire? Descrivi in due parole i tratti forti del tuo carattere. Menziona il tuo attuale titolo e la tua esperienza professionale. Ti consigliamo di sottolineare la tua motivazione e volontà ad aiutare l’azienda a raggiungere gli obiettivi che si è prefissata. Aggiungi informazioni rilevanti circa i traguardi raggiunti e pertanto la tua capacità ad ottenere buoni risultati al momento dell’assunzione. 

Esperienza professionale e di studio 

Ricordati di inserire l’esperienza professionale prima della sezione dedicata agli studi: l’esperienza lavorativa sarà necessaria per attirare l’attenzione del recruiter. Nel caso in cui fossi un neolaureato, il punto forte del tuo CV è costituito senza dubbio dal tuo percorso formativo: in tal caso, è consigliabile inserire la sezione educazione prima di quella lavorativa (nel caso in cui si avessero già esperienze pregresse, quali tirocini curriculari o extracurriculari). 

Per il percorso lavorativo, oltre al job title, è fondamentale inserire il nome dell’azienda o delle aziende in cui hai lavorato e le date di inizio e fine, mettendo in risalto le mansioni principali e le responsabilità ricoperte e gli obiettivi raggiunti. 

Inizia sempre il curriculum con l’esperienza più recente aggiungendo via via le precedenti. Il CV va aggiornato regolarmente con le nuove esperienze maturate e i corsi formativi seguiti (anche se di pochi giorni). 

Per tutti coloro che hanno superato i 40 anni di età, è consigliabile omettere le esperienze lavorative anteriori al 200/2008. 

Motiva sempre i periodi di inattività

Un valido consiglio? Motiva sempre i periodi di inattività: a tutti può capitare di andare incontro a una pausa dal lavoro, vuoi per motivi esterni o per cause di forze maggiore. L’arrivo di un figlio, la redistribuzione del personale, la chiusura dell’azienda, la cassa integrazione o il licenziamento dovuti a un’emergenza in corso ( mai verità più grande fu scritta in tempi di Covid). Scrivilo sul tuo CV, non c’è nulla di cui vergognarsi. E ricordati: è al dir poco improbabile  imbattersi in una carriera costellata da solo successi e nessuna caduta; prediligi l’onestà a una bugia.

Competenze professionali e traguardi raggiunti 

Sezione fondamentale del CV è quella relativa alle competenze. Un consiglio? Strutturala nel seguente modo: 

  • traguardi raggiunti, motivati da validi esempi e supportati da cifre qualora fosse possibile 
  • competenze comunicative
  • competenze informatiche 
  • lingue straniere e livello (consigliamo di evitare di indicare i livelli codificati dal Consiglio d’Europa ma attenersi alla dicitura di LinkedIn); inoltre, evita di includere quelle lingue di cui non hai una sufficiente padronanza: per esempio, è inutile aggiungere alla lista il cinese se abbiamo un livello elementare e non siamo in grado di sostenere nemmeno una semplice conservazione. 

Come organizzare il layout del tuo Curriculum Vitae 

Font e formattazione del curriculum

Il curriculum deve essere immediato e facile da leggere: è consigliabile limitare l’uso di diversi colori, font e dimensioni dei caratteri. Per facilitare la leggibilità sono consigliati elenchi puntati e parole in grassetto per richiamare l’attenzione su alcuni punti. Nel Curriculum Vitae vanno anche evitati lunghi testi in corsivo o sottolineati che risultano spesso di difficile lettura. Kirsty Bonner consiglia di utilizzare i font di Times New Roman o Arial con una grandezza minima di 11. 

Lunghezza del curriculum

Non esistono regole fisse circa la lunghezza o brevità di un Curriculum Vitae, ma è preferibile che il CV non superi le due pagine, anche se il tuo profilo professionale è molto strutturato e hai già maturato numerose esperienze professionali. Per quanto riguarda i neolaureati, si consiglia di non andare oltre una pagina. 

Cosa non fare

Qui di seguito alcuni punti da evitare al momento della stesura del tuo Curriculum Vitae:

  • Non utilizzare la prima persona, ma fai uso di aggettivi e attributi per umanizzare il tuo curriculum. 
  • Non utilizzare collegamenti ipertestuali
  • Nel caso in cui decidessi di inserire una tua foto, assicurati che sia adeguata: niente foto di gruppo o selfie in discoteca. 
  • Evita l’utilizzo di color di fondo troppo scuri.
  • Non utilizzare le virgolette.
  • Non inserire tabelle o grafici.
  • Non usare pannelli laterali.
  • Non fare uso spropositato di icone e simboli.

 

Ti sei mai chiesto quali siano le soft skills da possedere per distinguersi in campo lavorativo? Clicca sul bottone sottostate e scopri la risposta:

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Perché sono importanti le soft skills

soft skillsSoft skills

Le soft skills sono tutte quelle competenze trasversali  che nella vita lavorativa sono importanti quanto le competenze tecniche e professionali acquisite con l’esperienza (hard skill). Tra le più rilevanti ricordiamo la capacità di stabilire rapporti interpersonali, l’organizzazione personale e il problem solving

soft skills

Quali sono le soft skills?

Le soft skills si riferiscono alla capacità di gestione del lavoro, e includono: 

  • competenze comunicative
  • abilità di ascolto 
  • gestione del tempo
  • capacità interpersonali 
  • empatia 
  • leadership

I recruiters tendono a ricercare candidati in possesso di soft skills, competenze chiave per poter eccellere nel proprio ambiente lavorativo. Si può essere particolarmente ferrati in uno specifico ambito tecnico, ma se non si è in grado di gestire il proprio tempo o lavoro al meglio, è difficile uscirne vincitori. Nel momento in cui dobbiamo affrontare un colloquio di lavoro, ci rendiamo conto che la maggior parte delle aziende ricercano profili in possesso di alcune determinate competenze, quali la capacità di negoziazione, il decision making e che abbiano una spiccata abilità a relazionarsi all’interno dell’ambiente lavorativo. Inoltre, ci si aspetta che abbiano grandi capacità di risoluzione dei problemi e di pianificazione del flusso di lavoro. 

Insomma, si ricercano professionisti in grado di acquisire e processare correttamente le informazioni riguardanti un particolare progetto o servizio, garantendo così il successo della realtà aziendale nell’affrontare le avversità. 

Come funzionano le Soft Skills 

Le soft skills sono la chiave per poter stabilire rapporti di qualità all’interno del proprio ambiente lavorativo. Dopo tutto, quasi tutte le professioni richiedono di stabilire un minimo di rapporti interpersonali. Inoltre, i recruiter riservano particolare importanza a tali competenze in quanto considerate trasferibili, ovvero completamente indipendenti dalla professione esercitata da un individuo. 

Le soft skills sono particolarmente importanti nei lavori a contatto con il pubblico: è necessaria una buona dose di tali competenze per poter essere in grado di prestare attenzione alle necessità di un cliente e fornire lui una risposta adeguata nonché immediata a una richiesta e/o problema. 

Tipi di Soft Skills

Le soft skills possono essere suddivise nelle seguenti categorie: 

  • attributi personali
  • tratti di personalità
  • competenze comunicative 

Le soft skills sottolineano la capacità di stabilire una relazione con un altro individuo. Tra di esse troviamo: 

  1. Capacità di adattamento  
  2. Comunicazione
  3. Pensiero creativo
  4. Affidabilità
  5. Etica professionale 
  6. Lavoro di squadra
  7. Positività
  8. Gestione del tempo 
  9. Motivazione 
  10. Problem-solving 
  11. Decision making
  12. Pensiero critico
  13. Risoluzione dei conflitti

Come acquisire le soft skills

A differenze delle hard skills, che possono essere facilmente apprese tramite lo studio e la pratica, le soft skills possono essere paragonate alle emozioni e conoscenze che utilizziamo per poter “leggere” gli altri individui. Tali competenze non possono essere apprese sui banchi di scuola e difficilmente sono misurabili. 

Le soft skills si acquisiscono con l’esperienza: quanti più anni hai accumulato nel mondo del lavoro, maggiori saranno le possibilità di aver assunto una buona dose di soft skills. 

Ad esempio, se lavori nel settore del retail, è fondamentale saper trovare una soluzione ai problemi di un cliente insoddisfatto attraverso le abilità relative alla risoluzione dei conflitti e al problem-solving.  

Se sei invece appena sbarcato nel mondo del lavoro, prova a soffermarti su quelle attività che hai compiuto nel corso degli anni scolastici: è quasi certo che ti sarà stata data la possibilità di approcciarti al mondo della comunicazione, del problem solving e di sperimentare la capacità di adattamento ai cambiamenti. 

Nonostante le soft skills non possano essere facilmente apprese al pari delle abilità tecniche, è di certo possibile svilupparle e migliorarle nel tempo. Per fare ciò, è necessario far uso dell’introspezione, una tecnica alquanto complicata e scomoda se non lo si è mai fatto prima. 

Se desideri migliorare le tue soft skills o necessiti sviluppare determinate competenze per poter occupare un certo ruolo, ecco alcuni utili consigli indicati da WikiJob:

  • Auto-riflessione: per poter migliorare su questo aspetto, è necessario abbracciare i propri difetti e lavorare su di essi. Ciò non è per niente semplice; se hai difficoltà, chiedi a un amico o famigliare di aiutarti a identificare i tuoi punti di forza e debolezza. 
  • Training online: una volta identificate le aree da migliorare, cerca alcuni corsi online che potrebbero aiutarti ad acquisire quelle competenze che risulterebbero utili nel tuo ambiente lavorativo. 
  • Osservazione: osserva il comportamento di coloro che esemplificano quelle soft skills che desideri assumere.  Qualora avessi una relazione personale e/o professionale con tali individui, è consigliabile chiedere loro come procedere per raggiungere quel determinato obiettivo.
  • Pratica: tutte le soft skills possono essere migliorate con la pratica. Simula un colloquio con amici e/o familiari prima di affrontarne uno: ciò ti darà la sicurezza necessaria per portare tali abilità sul tuo luogo di lavoro.

Come dimostrare di possedere le soft skills 

Quando invii una tua candidatura, è importante riportare sul proprio CV tanto le soft skills quanto le hard skills

Prima di tutto, è necessario fare una lista delle competenze che pensi di avere e che ritieni possano essere rilevanti per eccellere in quella determinata posizione (dai un’occhiata all’offerta alla quale ti stai candidando e cerca di carpire più  informazioni possibile riguardo le competenze che è necessario possedere). In seguito, ti consigliamo di aggiungere una sezione “Soft Skills” al tuo CV. Inoltre, sarebbe bene citare tali abilità nella tua lettera di presentazione. Seleziona le soft skills più rilevanti e fornisci degli esempi a riguardo.

Ecco alcuni esempi utili: 

  • se sei un neolaureato e non hai ancora avuto modo di entrare a far parte del mondo del lavoro, è bene che inserisca nel tuo CV abilità del tipo: rispetto delle deadlines e responsabilità extra-curriculari.  
  • Se hai avuto modo di occupare una posizione che richiede uno stretto contatto con il pubblico, hai di certo avuto modo di utilizzare le tue abilità comunicative e di risoluzione dei conflitti. 
  • Nel tuo CV, il miglior modo di dimostrare le tue ottime  competenze comunicative e di attenzione ai dettagli è rileggere il testo più e più volte fino ad assicurarsi una totale assenza di errori e che risultino chiari i concetti che si vogliono esprimere. Inoltre, presta attenzione al disegno: un CV privo di sezioni, eccessivamente stravagante, con l’uso di diversi font e caratterizzato da un evidente disordine cronologico è sicuramente da evitare. 
  • Infine, ricordati di sottolineare le tue soft skills durante i colloqui. Come? Approcciandoti amichevolmente e prestando attenzione al recruiter, mantenendo sempre il contatto visivo.

 

Una delle soft skills più richieste è senza dubbio saper gestire il proprio tempo al meglio. Scopri come cliccando sul bottone sottostante:

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